LA SANTITÀ CRISTIANA
E IL PERFEZIONISMO
UMANO
Da una meditazione nello spirito di Madre Giulia Verhaeghe, a cura di p. Peter Willi FSO per concessione della Famiglia spirituale l'Opera - Agenzia Fides 08/08/2009-
Città del Vaticano (Agenzia
Fides) - “Non avete paura di essere i santi del terzo millennio!”, disse Giovanni
Paolo II ai giovani durante la Giornata Mondiale della Gioventù nel 2000 a
Roma. Il defunto Pontefice si impegnava con tutta la forza per suscitare in
tanti cuori il desiderio di santità. Con le sue numerose canonizzazioni ci
mostrava uomini e donne che hanno vissuto la parola pronunciata dal Signore nel
Discorso della montagna: “Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre
vostro celeste” (Mt 5,48). Anche il nuovo Santo Padre Benedetto XVI dirige il
nostro sguardo verso la schiera luminosa dei santi. Durante la sua visita a
Colonia disse: “Nelle loro vite, come in un grande libro illustrato, si svela
la ricchezza del Vangelo. Essi sono la scia luminosa di Dio che Egli stesso
lungo la storia ha tracciato e traccia ancora… Nelle vicende della storia sono
stati essi i veri riformatori che tante volte l’hanno risollevata dalle valli
oscure nelle quali è sempre nuovamente in pericolo di sprofondare; essi l’hanno
sempre nuovamente illuminata quanto era necessario per dare la possibilità di
accettare – magari nel dolore – la parola pronunciata da Dio al termine
dell’opera della creazione: ‘È cosa buona.’”
Con queste parole i Papi
riprendono un fondamentale insegnamento del Concilio Vaticano Secondo: “Tutti i
fedeli di qualsiasi stato o grado sono chiamati alla pienezza della vita
cristiana e alla perfezione della carità” (Lumen gentium, n. 40). La grande
meta di tutti i cristiani è la santità. “Questa è la volontà di Dio, la vostra
santificazione” (1 Tess 4,3). La santità è fondata nel Battesimo che libera
l’uomo dal peccato originale, gli conferisce la grazia santificante e lo
incorpora nella grande famiglia della Chiesa. Attraverso la preghiera,
l’ascolto della Parola di Dio e la pratica dei Sacramenti, soprattutto della
santa Eucaristia, il Signore ci dà continuamente la forza per progredire sulla
via della santità. Tale via richiede tutto il nostro impegno nella “buona
battaglia” della fede (1 Tim 1,18). In questo contesto Madre Giulia parlava di
un pericolo che può impedire il progresso nella vita cristiana: il
perfezionismo umano. “Esiste una grande differenza tra ciò che noi chiamiamo
perfezione e ciò che è la perfezione cristiana, la perfezione che Cristo ha
annunciato e comunicato con amore.”
Il perfezionismo umano
La grandezza e la bellezza della
perfezione cristiana appare più chiaramente, se consideriamo prima brevemente
la sua immagine fallace: il perfezionismo umano. Conoscendo la miseria
dell’uomo di oggi, Madre Giulia disse: “I figli di questo tempo sono assai
inclini al perfezionismo.” Questo perfezionismo umano è un ideale di perfezione
che non viene da Dio, ma è fatto dall’uomo che vorrebbe realizzarsi secondo il
proprio piano e con la propria forza. Se ci troviamo in questa situazione,
siamo troppo occupati con noi stessi e i propri pensieri, sogni e aspettative.
Allora cerchiamo una perfezione umana che non è realizzabile: un mondo senza
peccato, un coniuge senza debolezza, un superiore senza errore. La conseguenza
di tale ricerca è spesso la delusione, lo scoraggiamento, l’incapacità di
vedere i lati positivi degli altri. Il perfezionismo può essere di grande peso
per la vita comunitaria, per l’unione nel matrimonio, per la fiducia tra gli
uomini e per il clima sul posto di lavoro.
Il perfezionismo costituisce, in
ultima analisi, una forma di orgoglio che rende difficile di accettare la
volontà di un altro e di abbandonare le proprie idee. Di conseguenza, i giudizi
espressi possono contenere elementi di verità, ma mancano di amore, di bontà,
di benevolenza. Con ragione Madre Giulia affermò: “La virtù senza amore conduce
al perfezionismo. Il cristiano non è un ‘gentleman’ che cerca egoisticamente la
propria perfezione.” Se in una comunità si diffonde il perfezionismo,
l’atmosfera diventa fredda e tesa. Poi bastano piccoli errori o malintesi per
causare incomprensioni.
Nell’atteggiamento del
perfezionismo ci confrontiamo con gli altri e corriamo verso un ideale che è
fatto da noi stessi e non corrisponde al piano di Dio su di noi. Cerchiamo di
realizzare il proprio ideale, spesso con tanta fatica, invece di servire
gioiosamente con i doni che abbiamo ricevuto da Dio. Alcuni genitori fanno
l’errore di non essere disposti ad abbandonare le loro proprie idee sui figli.
Se siamo sinceri, tutti dobbiamo ammettere che talvolta siamo troppo presi dai
nostri pensieri e non vediamo sufficientemente la sofferenza del prossimo e la
miseria del mondo.
La santità cristiana
Per la santità cristiana il punto
di partenza non è il proprio Io, ma il Figlio di Dio che si è fatto uomo per
noi. Da credenti guardiamo prima di tutto al Signore e poi, a partire da Lui,
al prossimo e a noi stessi. In tal modo possiamo staccarci dagli ideali che
provengono dal proprio egoismo e aprire la nostra mente e il nostro cuore
all’amore di Cristo. A questa scuola impariamo gli atteggiamenti che ci aiutano
a superare il perfezionismo e ci dirigono verso la via della santità.
Lo sguardo dell’amore
Il Signore è venuto nel mondo per
cercare, trovare e ricondurre a casa la pecora smarrita, simbolo dell’uomo
caduto. Il suo cuore era pieno di amore e non di critica, di pace e non di
scontentezza, di bontà e non di rabbia per il mondo cattivo. Pur svelando i
peccati degli uomini, Gesù cercava sempre di sanare i cuori feriti col balsamo
del suo amore. Madre Giulia disse in modo umoristico che Gesù avrebbe dovuto
mandare via tutti gli apostoli, se fosse stato un perfezionista. Questi,
infatti, avevano non pochi difetti. Persino Pietro, il primo degli apostoli,
era spesso debole e poco equilibrato. Ma nel contempo si distingueva da un profondo
amore per il suo Maestro e da una sincera disponibilità a farsi correggere.
Gesù educava Pietro e gli altri apostoli con grande pazienza, fermezza e
mitezza. Li aiutava di riprendersi dalle loro debolezze e dai loro difetti e
soprattutto li preparava ad accogliere la sua luce, la sua misericordia, il suo
amore.
Il comportamento del Signore nel
contatto con gli uomini ci dice: Non guardare gli altri e te stesso con
pensieri perfezionisti! Inizia ogni giorno col tentativo di dare spazio
all’amore nei tuoi pensieri, nelle tue parole e nelle tue azioni! Solo l’amore
ci fa capaci di imparare a vedere gli altri così come sono. Solo l’amore crea
un clima che rende possibile la conversione e la crescita. Dio non aspetta da
noi la perfezione umana, ma soprattutto l’amore. Egli non esige che ci
presentiamo grandi davanti a Lui, ma che irradiamo dal profondo del nostro
cuore la bontà e la benevolenza. Non è necessario diventare eroi davanti a Dio,
dobbiamo solo amare, amare, amare. La via della conversione dal perfezionismo
umano alla santità cristiana è la via dall’orgoglio all’amore, dall’egoismo
alla dedizione, dall’Io a Dio e al prossimo. Madre Giulia confessò: “Ciò che
facciamo non deve essere in se perfetto, ma il vero motivo del nostro agire è
aspirare alla gloria e all’onore di Dio.”
La disponibilità al perdono
Nella sua vita Gesù ha rimesso i
peccati di molti e ci ha comandato di perdonare “fino a settanta volte sette”
(Mt 18,22), e cioè sempre. Quando il Risorto apparve agli apostoli che per
paura lo avevano abbandonato nella passione, non fece loro nessun rimprovero,
ma diede loro il dono della pace. E Pietro che lo aveva rinnegato tre volte,
non doveva giustificare la sua mancanza e non era tenuto a fare una pubblica
confessione di colpa, doveva solo professare tre volte il suo sincero amore
verso il Signore.
Se aspiriamo alla santità
cristiana, siamo disposti a perdonare e ci affidiamo totalmente all’amore e
alla misericordia del Signore. Cercando invece il perfezionismo umano, abbiamo
difficoltà a perdonare gli altri e ad ammettere con semplicità i propri errori.
Poi ci concentriamo troppo sulla zizzania del peccato e non possiamo
rallegrarci del grano dell’amore che non manca. Lottando contro la zizzania,
danneggiamo anche il grano. In questa tentazione serbiamo spesso rancore e
ricordiamo i propri e altrui errori. Di conseguenza, non possiamo giungere alla
pace interiore e alla vera felicità, sebbene compiamo forse tante opere buone.
Non è peccato se ci manca la serenità del cuore e la gioia del Signore?
Ogni comunità umana vive del
perdono. Poiché il Signore ci perdona, dobbiamo perdonare anche noi, dobbiamo
perdonare gli altri e pure noi stessi. Poiché Dio ci accoglie, anche noi
possiamo e dobbiamo accogliere noi stessi e i nostri fratelli e sorelle, pur sapendo
che ci sono punti che devono ancora maturare. L’uomo che cammina sulla via
della santità, è pieno di speranza e può sorridere anche di se stesso, persino
dei propri errori. Si fa aiutare volentieri e ricomincia ogni giorno con gioia.
Un giorno Madre Giulia fece la seguente esortazione: “Nella luce di questo
giorno vogliamo incontrarci nuovamente, così come se ci vedessimo per la prima
volta. Vogliamo dimenticare tutto ciò che abbiamo conservato nella nostra
memoria. Vogliamo ricominciare nella grazia e nella fede.” È una grande
consolazione che nell’amore di Cristo possiamo ricominciare sempre di nuovo.
Certo, l’amore non può e non deve
essere separato dalla verità e dalla giustizia ed esige talvolta anche la
parola chiara e l’intervento deciso. Spesso Gesù denunciava il peccato e il
male con espressioni inequivocabili. In un tempo in cui è diffusa una
concezione sbagliata di amore e di misericordia, non dobbiamo dimenticare che è
proprio l’amore che ci obbliga a superare il peccato. Il compromesso con il
male non è segno di amore e di bontà, ma il contrario.
La semplicità del cuore
Tante volte Gesù doveva
confrontarsi con quegli uomini che potrebbero essere chiamati i perfezionisti
religiosi del suo tempo, cioè i farisei e gli scribi che volevano apparire
perfetti davanti al popolo e nascondere i loro errori. Non erano disposti a
cambiare il modo di pensare, a convertirsi alla semplicità del cuore. Erano
troppo preoccupati della propria reputazione agli occhi del prossimo e non a
quella di Dio. Erano prigionieri dell’orgoglio, il peccato che ha fatto
soffrire dolorosamente il Cuore del Salvatore.
Nell’orgoglio l’uomo si chiude in
se stesso e diventa incapace di accogliere la misericordia di Dio. Il Signore
che rispetta la libertà dell’uomo, è “impotente” davanti al superbo. La nostra
tragedia più profonda non consiste nel cadere nel peccato, ma che non vogliamo
rialzarci, che non siamo disposti a farci aiutare. Essere santi non significa
vivere senza errori, ma amare il Signore e il prossimo con tutto il cuore,
farci aiutare dalla misericordia di Dio, affidarsi umilmente alla sua bontà. La
virtù dell’umiltà scioglie i nodi dei ragionamenti egoistici e scaccia le nubi
oscure del malumore e del rancore. L’umiltà è la via di Dio all’uomo. È anche
la via dell’uomo a Dio, la via all’unità nelle nostre famiglie e comunità, la
via alla pace nel mondo.
Il servizio alla Chiesa
I santi non erano angosciosamente
fissati sulla propria santità. Al contrario, non pensavano a se stessi, amavano
Dio e il prossimo e servivano la Chiesa. Madre Giulia Verhaeghe ci lasciò la seguente
parola: “Servi la santa Chiesa, il Corpo mistico di Cristo, e Dio stesso
provvederà alla tua santità!” Dio santifica coloro che si impegnano come padri
e madri per i propri figli, come diaconi e sacerdoti per i fedeli loro
affidati, come vescovi per le loro diocesi, come persone consacrate per le loro
comunità, come cristiani per gli uomini e per il mondo. La carità “copre una
moltitudine di peccati” (1 Pt 4,8). Chi ama e serve, si libera dai tanti legami
dell’egoismo e, abbandonando se stesso, trova se stesso realmente. Si affida
alla grazia di Dio e dona tutto ciò che può donare. Cerca di piacere Dio in
ogni cosa, adempiendo i suoi doveri quotidiani con gioia e fedeltà.
La santità è la grande meta della
nostra vita. Possiamo avvicinarci a questa meta, se pratichiamo l’amore, il
perdono, la semplicità del cuore e la disponibilità al servizio. La vera umiltà
ci conduce al cuore di Dio, alla conoscenza della verità, al compimento delle
opere di Dio. “Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere
buone che Dio ha predisposto perché noi le praticassimo” (Ef 2,10).
Madre Giulia ci incoraggiava di
mirare alla vera santità, per essere membri vivi della Chiesa e strumenti di
Dio per la salvezza del mondo: “La Chiesa di oggi più che mai ha bisogno di
santi. Imploriamo gli uni per gli altri il dono della santità. Cerchiamo di
crescere nella santità, per glorificare Dio e per essere i suoi testimoni fra
gli uomini.”