La via della piccolezza - Apostolato di preghiera per l'infanzia della Chiesa Cattolica

APOSTOLATO DI PREGHIERA PER L'INFANZIA
NISI CONVERSI FUERITIS ET EFFICIAMINI SICUT PARVULI NON INTRABITIS IN REGNUM CAELORUM
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LA VIA DELL'INFANZIA

"In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: "Chi dunque è il più grande nel regno dei cieli?" Allora Gesù chiamò a se un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: "In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come bambini non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli"
SANT'AGOSTINO

1. [vv 1-3.] Voi, fratelli, che con molta assiduità ascoltate [la parola di Dio], ricordate certamente quanto dice il Signore nel Vangelo: Lasciate che i fanciulli vengano a me, poiché proprio di loro è il regno dei cieli; e inoltre: Chi non avrà accolto il regno dei cieli come un fanciullo non vi entrerà 1. In molte pagine il Signore pone sotto accusa la superbia del nostro uomo vecchio ricorrendo all'esempio caratteristico dei fanciulli, volendo con tale raffronto instaurare in noi una nuova vita basata sull'umiltà. Pertanto, o carissimi, quando udite cantare le parole del salmo: Lodate, o fanciulli, il Signore, non dovete pensare che l'invito non sia rivolto a voi che siete usciti dalla puerizia, trovandovi nel bel fiore della giovinezza o nella veneranda canizie della vecchiaia. Anzi, è rivolgendosi a tutti voi che l'Apostolo dice: Non vogliate essere piccoli per la [immaturità della] mente ma per la malizia; quanto allo spirito siate invece [uomini] perfetti 2. E qual è questa malizia se non la superbia? Per la superbia l'uomo diventa presuntuoso e, gonfiandosi vanamente della propria eccellenza, non riesce a camminare per la strada stretta né a entrare per la porta piccola 3. Il fanciullo invece si caccia con molta facilità anche nei luoghi stretti, e proprio per questo nessuno potrà entrare nel regno dei cieli se non diventerà come un fanciullo. Riguardo poi alla superbia, potrà esserci malizia più grave della sua, che ricusa d'aver come superiore lo stesso Dio? Sta infatti scritto: Principio della superbia dell'uomo è apostatare da Dio 4. La superbia fa drizzare la cresta vanamente orgogliosa contro i comandamenti di Dio e resiste al giogo soave del Signore; ma voi non stancatevi d'abbatterla, di spezzarla, di stritolarla e consumarla e, [divenuti] fanciulli, lodate il Signore, lodate il nome del Signore. Atterrata infatti e rimossa la superbia, perfetta sarà la lode che si leverà dalla bocca dei bambini e dei lattanti. Schiacciata e annientata la superbia, chi si gloria si glorierà nel Signore 5. Son lodi, queste, che non sa cantare chi si crede grande, chi conoscendo Dio non lo glorifica né ringrazia come [si deve] a Dio. Questi tali lodano se stessi, non Dio: e questo perché non sono fanciulli. Essi pretendono che venga elogiato ovunque il loro nome e non lodano il nome del Signore. Son divenuti vani nei loro progetti, e il loro cuore, istupidito, è immerso nelle tenebre. Dicendo d'essere sapienti son divenuti stolti 6: stolti perché hanno voluto che la fama del loro nome si diffondesse smisuratamente in lungo e in largo, sperando in pari tempo di poter passare per la via stretta. Solo a Dio, al Signore si addice essere glorificato sempre e dovunque; si proclami quindi in ogni tempo: Sia benedetto il nome del Signore da ora e nei secoli; e in ogni luogo si ripeta: Dall'oriente all'occidente lodate il nome del Signore.
2. Uno di questi fanciulli santi che lodano il nome del Signore potrebbe venirmi a chiedere: Ecco, le parole Nei secoli io le considero equivalenti a " per l'eternità ", ma per qual motivo il nome del Signore ha da essere benedetto da ora e non prima di adesso e prima di tutti i secoli? A un tale fanciullo che mi interroga senza ostinazione io risponderò: Le parole Lodate il nome del Signore e Sia benedetto il nome del Signore sono rivolte a voi, padroni e garzoni. Da voi sia benedetto il nome del Signore da ora, cioè dal momento in cui vi si invita (poiché da quel momento voi iniziate la lode), e poi lodatelo senza fine. Sì, lodatelo da ora e nei secoli, cioè senza fine. Non dite: Ora che siamo fanciulli cominciamo a lodare il Signore, ma quando saremo cresciuti e divenuti grandi, loderemo noi stessi. Non così, ragazzi, no! Non per nulla infatti dice al riguardo il Signore per mezzo di Isaia: Io sono, e anche quando sarete invecchiati, io sono 7. Ecco chi sempre ha da essere lodato: colui che è. O fanciulli, lodatelo da ora, e voi, vecchi, lodatelo, nei secoli. E allora la vostra vecchiaia presenterà una canizie indizio di sapienza e non avvizzirà per l'invecchiarsi del corpo. E poi in questo passo per "fanciullezza" riteniamo doversi intendere piuttosto l'umiltà, a cui si contrappone la grandezza, vana e fallace, della superbia. Per cui nessuno che non sia fanciullo sa lodare il nome del Signore, poiché il superbo certo non sa lodarlo. Sia pertanto la vostra vecchiaia una vecchiaia infantile, e la vostra fanciullezza una fanciullezza adulta. Cioè la vostra sapienza non sia mescolata a superbia, né la vostra umiltà sia priva di saggezza, sicché lodiate il Signore e ora e nei secoli. Sì, dovunque la Chiesa di Cristo si espande per la presenza di tali santi fanciulli, lodate il nome del Signore. Questo infatti significano le parole: Dall'oriente all'occidente lodate il nome del Signore.
3. [v 4.] Alto al di sopra di tutte le genti è il Signore. Le genti fan parte dell'umanità, e quindi cosa c'è di straordinario che al di sopra dell'uomo si levi sublime il Signore? Ci sono certuni che adorano esseri superiori a sé: son coloro che servono le creature abbandonando il Creatore, e certamente costoro vedono con gli occhi splendere alti in cielo il sole, la luna e le stelle. Quando però al Signore, egli è alto al di sopra di tutte le genti, non solo, ma la sua gloria è al di sopra dei cieli. I cieli lo mirano alto al di sopra di loro, mentre gli umili lo hanno accanto a sé: quegli umili che, trovandosi col corpo al di sotto del cielo, tuttavia rifuggono dall'adorare il cielo scambiandolo con Dio5. Ci ha stimolati a investigare se le cose umili a cui il Signore Dio nostro volge lo sguardo siano le stesse in cielo e sulla terra, ovvero diverse tra loro, le une quelle del cielo, le altre quelle sulla terra. Se si tratta delle stesse cose, scopro subito in che senso le debba intendere. Me lo dice l'Apostolo: Pur camminando nella carne, noi non combattiamo in conformità della carne; e le armi del nostro combattimento non sono carnali ma potenti in Dio 9. Perché potenti se non perché spirituali? L'Apostolo cammina nella carne ma combatte una lotta spirituale: per cui non c'è da stupirsi che alla sua umiltà si guardasse e in cielo, in quanto egli era libero nello spirito, e sulla terra, in quanto ancora asservito al corpo. Lo stesso Apostolo dice altrove: La nostra dimora è nel cielo 10, e ancora: La cosa preferibile sarebbe per me liberarmi [dalla carne mortale] ed essere con Cristo, ma ritengo necessario, per il vostro bene, rimanere ancora nella carne 11. Se uno dunque riesce a comprendere cosa sia questa dimora dell'Apostolo in cielo e che cosa la sua permanenza nella carne, per forza comprenderà in che senso il Signore Dio nostro, il quale dimora nella persona sublime dei suoi santi, può volgere lo sguardo verso il cielo dove sono questi santi, così umili dinanzi a lui. È perché, essendo risorti con Cristo nella speranza, gustano le cose di lassù 12. E comprenderà anche in che senso il Signore si volga alla terra. È perché la vita di questi santi non è ancora libera dai legami della carne, per cui possano essere totalmente con Cristo. Se al contrario le cose umili a cui il Signore volge lo sguardo son diverse, e le une si trovano in cielo e le altre sulla terra, ritengo che le cose umili a cui Dio si volge nel cielo sono le persone da lui chiamate e già diventate sua dimora, mentre quelle a cui si volge sulla terra son le persone che egli chiama per renderle sua dimora. Le prime son coloro che egli già possiede, essendo persone che già pensano alle cose del cielo; le seconde son coloro che egli sveglia dal sonno di pensieri ingombri di cose terrene.
6. Sarà difficoltoso provare che il nome di umile venga esteso anche a chi non ha ancora religiosamente piegato il collo al giogo soave del Signore. Questo perché la parola di Dio, per tutta la durata del salmo ci invita ad identificare in questo passo gli umili con i santi. Eccovi allora un'altra interpretazione sulla quale la vostra Carità vorrà riflettere insieme a me. Penso che i cieli del nostro salmo rappresentino coloro che sederanno su dodici troni e giudicheranno [il mondo] insieme col Signore 13. Col nome di terra invece si indica la rimanente schiera dei beati che saranno collocati a destra. Encomiabili per le opere di misericordia [compiute in vita], costoro saranno accolti nei padiglioni eterni da coloro che durante la vita mortale si sono fatti amici mediante l'iniquo mammona 14. Ad essi infatti dice l'Apostolo: Noi abbiamo sparso fra voi il seme di cose spirituali; e sarà quindi una gran pretesa se veniamo a mietere cose carnali? 15 Lo stesso concetto potrebbe esprimersi in questi altri termini: se abbiamo seminato fra voi cose celesti, sarà poi una gran pretesa se veniamo a mietervi cose terrene? Dio dunque volge lo sguardo al cielo, ove scorge coloro che seminano cose celesti, e alla terra, ove scorge coloro che li compensano con beni terrestri; e trova umili e gli uni e gli altri. Così egli guarda le cose umili del cielo e della terra, in quanto i santi del cielo, come quelli della terra, ricordano ciò che furono un tempo per la propria malizia e ciò che sono divenuti in seguito per la grazia del Signore. Rivolgendosi a loro, il Vaso di elezione dice: Un tempo foste tenebra, ma ora luce nel Signore 16; e ancora: Voi siete stati salvati dalla grazia per mezzo della fede, e questo non per opera vostra ma è stato dono di Dio; né dipende da opere, sicché abbiate a gloriarvene 17. Né solo di essi parla ma, seguitando il discorso, vi include anche se stesso e dice: Noi siamo opera di Dio, creati da lui per compiere opere buone 18. Parlando ancora separatamente di se stesso e degli altri che come lui Dio vede nel cielo, dice: Per natura siamo stati anche noi un tempo figli dell'ira come gli altri. E altrove: Fummo anche noi un tempo insensati, increduli, traviati, schiavi delle passioni e dei piaceri di ogni sorta, vivendo in malizia e invidia, detestabili e in odio gli uni gli altri. Ma quando apparve la bontà e l'amore verso gli uomini di Dio salvatore nostro, egli ci salvò, non per opere di giustizia fatte da noi ma secondo la sua misericordia, mediante il lavacro della rigenerazione 19. Ecco le cose umili che Dio vede nel cielo. Sono gli spirituali: persone che giudicano ogni cosa ma rimangono umili, per non essere prostrati a terra e incorrere nel giudizio. E di se stesso in particolare cosa afferma l'Apostolo? Non forse lo stesso di quanto ora ricordato? Dice: Io non merito il nome di apostolo, perché ho perseguitato la Chiesa di Dio 20; ma ottenni misericordia perché agii per ignoranza nella mia incredulità 21.
7. [vv 7-9.] Abbiamo esposto i versetti del salmo in cui lo Spirito si pone l'interrogativo: Chi è pari al Signore Dio nostro, il quale abita in alto e volge lo sguardo alle cose umili del cielo e della terra? Successivamente, al fine d'inculcarci il motivo per cui li umili del cielo, pur essendo spiritualmente grandi e degni del trono riservato ai giudici, vengono designati con tale vocabolo, soggiunge: Egli solleva da terra l'indigente, alza il povero da sopra il letame, e lo colloca fra i principi, fra i principi del suo popolo. Non sdegni quindi, chi è altolocato, di umiliarsi abbassando la testa sotto il braccio del Signore. È vero infatti che l'amministratore fedele delle finanze divine è posto in alto tra i principi del popolo di Dio e che alla fine si assiderà su uno dei dodici troni per giudicare gli stessi angeli; tuttavia egli è sempre un misero che viene sollevato da terra, un povero innalzato da sopra un letamaio. O che non sia stato davvero innalzato da sopra il letame colui che era asservito ai molteplici desideri e piaceri della carne? Ma chi scriveva queste parole facilmente non era più né misero né povero. Perché allora geme come chi è ancora oppresso, se non perché desidera rivestirsi dell'abitazione celeste 22? Non sarà forse perché non si inorgoglisca che viene ancora schiaffeggiato e abbandonato all'angelo di satana, al pungiglione della sua carne 23? Egli si trova in alto perché il Signore gli abita in cuore e perché ha lo Spirito che scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio 24; quindi è in cielo. Tuttavia anche nel cielo il Signore guarda alle cose umili.
8. Cos'altro diremo, o fratelli? Abbiamo udito come vengano esaltati gli umili del cielo, coloro cioè che, sollevati dal letame, sono stati collocati fra i principi del suo popolo. Procedendo oltre non dovremo ascoltare qualcosa anche a proposito di quegli umili che il Signore guarda sulla terra? Infatti quei primi (gli amici del Signore che insieme con lui faranno da giudici) sono assai pochi, mentre di più sono coloro che saranno ricevuti nei padiglioni eterni. Sebbene infatti, posto a confronto con la paglia da cui è separato, il mucchio del buon grano sembri essere piuttosto esiguo, tuttavia considerato in se stesso è notevole. Molti infatti sono i figli della donna abbandonata, più numerosi che non i figli di colei che ha marito 25, Molti sono i figli di colei che ha concepito nella vecchiaia per l'azione della grazia: più numerosi dei figli di colei che in età ancor giovane era andata sposa attraverso il vincolo della legge. E quando affermo che [la Chiesa] ha concepito nella vecchiaia, ho dinanzi allo sguardo la figura di Sara, nostra madre, madre dei fedeli sparsi fra tutte le genti e compresi tutti nell'unico figlio Isacco. Quanto poi ad Isaia, notate le fattezze della persona [da lui descritta]. Sembrerebbe non trattarsi d'una madre né d'una donna che abbia avuto figli. Eppure cosa le si dice? Eccolo. I tuoi figli, da te perduti, ti diranno all'orecchio: Il luogo è stretto per noi, facci subito largo perché possiamo abitare. E dirai dentro di te: E chi mi ha fatto madre di costoro, quando so bene di essere sterile e vedova? E questi chi me li ha cresciuti? Io infatti ero rimasta sola: questi dunque dove erano? 26 Son parole, queste, che la Chiesa pronunzia in quella porzione di sé che la farebbe apparire come sterile, in quella moltitudine di persone che non abbandonano tutti i propri averi per mettersi al seguito del Signore e un giorno assidersi sui dodici troni. Eppure in quella moltitudine quanti non saranno coloro che, essendosi procurati degli amici con l'iniquo mammona, staranno alla destra per aver compiuto opere di misericordia? Il Signore dunque non solo innalza da sopra il letame colui che collocherà fra i principi del suo popolo, ma fa abitare nella [sua] casa colei che era sterile, rendendola madre felice di [molti] figli. Colui che abita in alto guarda nello stesso tempo alle cose umili del cielo e della terra: guarda cioè con benevolenza alla discendenza di Abramo che pone su troni eccelsi (e questo si riferisce alla santità più elevata, simboleggiata dalle stelle del cielo), mentre un'altra parte separa dai marosi che infuriano sinistramente e dalla salsedine amara degli empi: e questo si riferisce alla schiera innumerevole dei misericordiosi, simboleggiata dalla sabbia sparsa in riva al mare.
Da Sant' Agostino Discorso al popolo sul salmo 112


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